Era da una settimana che cercavo un modo efficace per prepararmi psicologicamente a questa prima volta, dovendo affrontare volontariamente una situazione di quelle che avevo catalogato nella categoria “vorrei provarci, ma non ci riuscirò mai”.
Mi sono impegnata a non pensarci più di tanto, mi sono fermata quel paio di volte in cui volevo cancellarmi dal servizio, ma soprattutto mi sono affidata ai miei tre compagni di avventura Conte Max, Starnuto e Stelasssa.
Il momento è arrivato, ho una paura fottuta.
Aprire la porta del reparto oncologia non è come entrare in cardiologia… il cancro non è la pericardite!
La prima persona che incontriamo è un’infermiera che ci avverte di non entrare solo nell’ultima stanza, poi con un espressione in viso che non riesco a descrivere ci dice quello che ci serviva: “siete in un reparto speciale, vi piacerà… state tranquilli”.
Mi sembra tutto un controsenso, ma questa frase ci da una motivazione pazzesca insieme alla spinta per entrare nella prima camera.
Credo di aver avvertito che noi quattro fossimo quasi più a disagio delle due pazienti… cosa facciamo?, come ci presentiamo?, in che tonalità parliamo?, cosa diciamo?, io avevo un solo desiderio: “spero che non ci caccino fuori”.
Alla fine fuori ci siamo andati, ma dopo aver parlato e sorriso per venti minuti con Cristina, detta la Crì di Lodi e Somali che è dello Sri Lanka che ci salutano dicendoci “menomale che siete venuti a portare un po’ di allegria”.
E’ la volta di Giorgia Annita (ci specifica con orgoglio con due enne), ci ricorda la regina madre, infatti con eleganza e delicatezza ci racconta un po’ della sua vita mentre la riempiamo di complimenti per la scelta del suo outfit ospedaliero: pigiama bianco con disegnini rosa, vestaglia rosa e ciabatte rosa con fiocchetto.
Intanto nella saletta tv ci sono Teresa e Delfino che giocano a carte, sposati da quasi cinquant’anni con una verve e un buonumore contagiosi.
Teresa ci dice con orgoglio che ogni volta che le fanno un’operazione, il suo Ciccio (Delfino) va a fare il corso per riuscire ad assisterla a casa, lui ci dice che la sua Chicca (Teresa) è una forza della natura e lei lo sottolinea con un bel “cazzo, tanto io non muoio”… applauso con standing ovation.
Li lasciamo continuare con la loro partita a carte e con la loro partira con la vita.
Entriamo in una camera tripla dove una delle pazienti è quasi intimorita dal nostro arrivo, tanto che ci dice “non so se potete entrare voi qui” e proprio in quel momento arriva in nostro soccorso l’infermiera che le fa capire che noi siamo lì autorizzati dall’ospedale… l’atmosfera si ammorbidisce.
Gisella, Silvana e Vittoria… una più conciata dell’altra (detto così con leggerezza proprio perchè è quella che ci hanno fatto percepire loro), ci raccontano a grandi linee quali sono le loro situazioni quasi facendo una sorta di graduatoria su chi tra loro è messa meglio o peggio… io sono incredula!
E quanta forza si fanno l’una con l’altra, e quanto coraggio vedo nei loro volti, nonostante i corpi siano minati dal male… me le immagino vestite da guerriere pronte a combattere la loro personale battaglia che auguro a tutte di vincere.
Non ci volevano più mandar via, abbiamo fatto più foto e video con loro che in tutti i servizi fatti fino ad ora.
Arriviamo da Antonio che però preferisce essere lasciato tranquillo, è a letto e fa fatica a parlare.
Ed ecco l’ultimo, Renzo, che ribattezziamo subito Sean Connery per la somiglianza con il famoso attore… questo ci permette di parlare di cinema, di musica, di cose di altri tempi e io butto lì quattro o cinque domande alla Marzullo che fanno nascere in me un nuovo personaggio.
Il servizio è giunto al termine e la prima considerazione che mi ritrovo a fare è:
io che credevo di uscire da qui con un livello di energia sotto i piedi, ho ricevuto invece grinta, coraggio, forza, carica e determinazione da queste persone che stanno affrontando quello che stanno affrontando e sono stata proprio felice di aver fatto questo servizio nonostante tutti i dubbi, i blocchi e le paure del caso.
Quanta vita ho sentito in questo reparto!
Quante emozioni sono venute a trovarmi!
Mah… a proposito… siamo noi che cerchiamo le emozioni o sono le emozioni che trovano noi?… e poi… siamo noi che regaliamo il sorriso alle persone, o è il sorriso che si forma sulle nostre bocche grazie ad altre persone?
Facciamoci una domanda e della risposta chisssssenefrega!
Grazie, immensamente grazie a Conte Max, Starnuto e Stelasssa che hanno condiviso con me questa esperienza pazzesca.
Note… vi lovvo.
Fagy

Fagianella